Le antiche miniere di Ovada
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Le antiche miniere d'oro di Ovada vengono ancor oggi confuse, anche dagli stessi abitanti locali, con quelle della Val Gorzente, poste queste ultime a circa tre o quattro chilometri di distanza. In alcune pubblicazioni del periodo 1976/1978, Il dott. Pipino distinse però i due giacimenti, anche se la delimitazione delle singole miniere ed il loro studio geologico fu allora possibile solamente per la Val Gorzente. Susseguenti rinvenimenti presso il Distretto Minerario di Torino permisero poi una descrizione più approfondita nonché storica anche per quanto riguarda le vicine miniere di Ovada chiarendo così definitivamente la specificità delle giaciture d'oro ovadesi continua
Verso la metà dell'ottocenteo, l'ing. Primard, già attivo in val Gorzente, individuò interessanti giacimenti auriferi anche nelle valli Piota e Stura, per cui nel 1853 venne costituita la cosiddetta "Società Franco-Sarda per le miniere d'oro di Ovada", rivolta questa alla "coltivazione dei terreni ed arene aurifere degli Appennini, nelle Provincie di Acqui e di Novi". Nel 1855 detta società ottenne sia la concessione delle due miniere d'oro Ovada e Belforte (rispettivamente n°1 e n°2 su carta), situate rispettivamente sulla sinistra e sulla destra orografica del torrente Stura, sia alcuni permessi di ricerca riguardanti la valle del Piota continua
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Il Museo storico dell'oro italiano
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Gestito dall’Associazione Storico-Naturalistica della val d’Orba, il Museo dell’Oro promuove iniziative dirette alla conoscenza e valorizzazione naturalistica dei fiumi auriferi, con spirito di tutela ecologica dell’ambiente naturale e di salvaguardia della secolare attività di ricerca dell’oro.
Sono possibili escursioni alle vicine aurifodinae romane e alle miniere ottocentesche delle Valli Gorzente e Piota, e la possibilità di partecipare a dimostrazioni pratiche di raccolta lungo le sponde dei fiumi, stregati da quel l’irresistibile riflesso d’oro nel piatto…
Museo Storico dell’Oro Italiano
Piazza Genova, 2 – 15060 Lerma (AL)
Tel. 0143.882289/3392656342
Da lunedì a domenica su prenotazione
Ingresso gratuito.
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rassegna stampa dell'epoca |
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Saranno visitabili due antiche miniere della valle del Gorzente
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Torneranno visitabili due delle antiche miniere d’oro situate nei pressi dei laghi della Lavagnina, a Casaleggio Boiro. Il Parco dell’Appennino Piemontese da anni cercava i fondi per attuare questo progetto di tutela ambientale, e non solo, finanziato dalla Regione con circa 60 mila euro. I tunnel sono abbandonati da tempo e sono il frutto delle attività estrattive dell’Ottocento lungo la valle del Gorzente continua
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rassegna stampa dell'epoca |
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I Cercatori d'Oro
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L'attività dei cercatori d'oro amatoriali si sviluppa essenzialmente in due ambienti: sulle rive dei fiumi auriferi oppure in miniera (e loro relative discariche esterne). In questi contesti trovare oro non é così "impossibile" come potrebbe invece sembrare a prima vista (o dopo alcuni tentativi infruttuosi): occorre, come si suole dire, imparare il mestiere, che al lato pratico in questo caso significa acquisire dei piccoli ma fondamentali accorgimenti, indispensabili appunto per poter arrivare ad ottenere risultati gratificanti.
In Italia, da diversi decenni, le gare dei cercatori d'oro costituiscono un punto di incontro; nel 1985 ad Ovada si svolse il campionato mondiale di raccolta dell'Oro organizzato continua
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Ovadese oro nei fiumi
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La presenza dell'oro nei torrenti dell'Ovadese è nota da tempo, ed è certo che la sua raccolta è iniziata nella più remota antichità. Particolarmente intenso è stato lo sfruttamento dei terrazzi che si sviluppavano nei tratti finali dei torrenti Stura, Gorzente e Piota, i quali sono stati completamente rimossi e, al loro posto, restano ancora estesi accumuli di ciottoli residui di lavaggi che la tradizione popolare fa risalire ai Romani. I depositi di ciottoli sono in effetti del tutto simili a quelli che si possono osservare in altre parti del bacino padano, specie lungo il fronte esterno dell'anfiteatro morenico di Ivrea, che rappresentano indubbiamente la testimonianza dello sfruttamento in epoca romana e preromana di analoghi terrazzi auriferi, ma mentre questi si trovano notevoli distanze dai probabili giacimenti primari, quelli dell'Ovadese, formatisi in aree meno esposte ai fenomeni glaciali, sono in stretta relazione con le manifestazioni aurifere primarie presenti nella fascia collinare che si estende a sud di Ovada, ove affiorano rocce facenti parti del complesso metaofiolitico-calcescistoso noto col nome di Gruppo di Voltri. |
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L'oro dei monti di Ovada
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La notizia sbagliata della "scoperta dell'Oro" (sbagliata perchè non si tratta certo di una "scoperta", bensì di una cosa più che nota) in questo tranquillo angolo del Piemonte ha subito acceso le fantasie e dato la stura alle chiacchere. Tutte le popolazioni, di Lerma, come di Silvano, Casaleggio e Mornese, sono state percorse da un brivido di di eccitazione, quasi risvegliate da un torpore secolare alla magica parola. Qui infatti l'oro è di casa e la natura ne parla incessantemente ad ogni passo: qui le lunghe e doloranti teorie di schiavi romani, hanno rimosso, in secoli di duro lavoro, quegli enormi ciotoli rossastri che si notano ammucchiati sui due greti del fiume Gorzente, l'antico Amporium dei latini. Qui, in epoca più tarda sono arrivati i Saraceni, attratti dallo stesso miraggio: e poi i monaci continua
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Rondinaria di Silvano d’Orba, il luogo dei canali (auriferi)
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Rondinaria (di Silvano d’Orba), nell’interpretazione del pittore ovadese Natale Proto (1985)
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Le rovine ancora presenti innazi all'ingresso dell'attuale cimitero, testimoniano che il paese di Silvano d'Orba è stato fondato in epoca romana. Si pensa quindi che tali rovine, dette "Torrazze", siano parte integrante del castrum della mitica città di Rondinaria (detta anche "città dell'oro"), fondata proprio alla confluenza del Piota e dell'Orba, ed in cui gli schiavi romani risalivano le rive dei due corsi d'acqua alla ricerca dell'oro presente nelle loro sabbie. Ricordiamo che Rondinaria è contemplata nella Tavola Peutingeriana.
In epoca romana, e per buona parte del Medio Evo, con il termine aurifodinae venivano indicate le miniere d’oro, sia quelle in giacitura primaria, cioè filoni di quarzo aurifero incassati nelle rocce, che quelle in giacitura secondaria, cioè sedimenti alluvionali auriferi, specie quelli terrazzati. I sistemi di sfruttamento, o meglio, di coltivazione, erano (e sono) diversi a seconda del tipo di deposito, e diverse sono le testimonianze da essi lasciati.
Le notizie storiche antiche, su miniere d’oro, si riferiscono, in genere, al secondo tipo, e le testimonianze più visibili sono costituite da alti cumuli composti da ciottoli omogenei, quanto a granulometria, forma e composizione, ben lavati e disposti secondo file parallele separate dai canaloni di lavaggio continua
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Cumuli di ciottoli |
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Le Miniere del Gorzente
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Nelle valli dei torrenti Gorzente e Piota, le cui montagne fanno parte della zona geologica denominata "Gruppo di Voltri" , sono presenti diverse miniere d'oro che fino alla fine del 1800 sono state sfruttate da Società minerarie Italiane e straniere e da cui è stato estratto oro, in forma nativa, seguendo le vene di quarzo ancora oggi visibili (con un po' di fortuna), sui fianchi delle montagne.
L'accesso alle miniere (o per meglio dire, quello che resta, visto l'abbandono e i conseguenti crolli all'interno delle gallerie) è VIETATO e comunque impedito dai cancelli presenti agli ingressi
(Eventuali permessi devono essere richiesti all'Ente Parco Capanne di Marcarolo).
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Articolo di interesse de LA PICAJA pag. 10 |
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A GASTALDI (1862), si deve la prima segnalazione a stampa dei cumuli più montani, per la cui formazione abbozza una credibile ipotesi: “Trovandomi sopra un’altura, da cui l’occhio poteva abbracciare un buon tratto della valle del Corsente, ed osservando con meraviglia i cumuli di ciottoli di cui è letteralmente coperta la stretta zona di suolo piano, la quale corre parallelamente al torrente, supposi che là era stato praticato, in antico, un lavaggio di oro a mo’ di quelli che i Romani eseguirono alla Bessa, al piede della Serra d’Ivrea. Ebbi in seguito la soddisfazione di constatare che non mi era sbagliato; il signor Primard mi mostrò antichi utensili trovati in quel tratto di terreno, e mi disse che nel letto del torrente scorgonsi ancora oggidì avanzi di apparecchi in pietra destinati al lavaggio dell’oro”. Continuando, riporta poi alcune osservazioni scritte poco più di 10 anni prima dall’ing. Baldracco, in un rapporto manoscritto sulla statistica mineralogica di Genova: “...Sulla distesa di qualche chilometro il suolo di alcun breve spazio della pianura affacciasi, verso soprattutto il mulino di Casaleggio, quasi ovunque formato di ciottoli e massi di varia grossezza, e per tal guisa sconvolti e talora ammucchiati, da far chiaramente palese essere ciò l’opera dell’uomo anziché semplicemente delle acque. Siccome poscia fin dai tempi assai remoti, da alcuno dei più industriosi contadini di quella sterilissima valle sono lavate, con adatti strumenti, le sabbie del torrente ond’è percorsa per estrarne i contenuti ganellini d’oro, egli è verosimile siasi ad uno stesso fine operato in antichi tempi il dislocamento dei ciottoli e massi sopradetti”.
Si tratta, evidentemente, dei cumuli di ciottoli esistenti presso la Cascina I Piani, ben visibili dall’alto, lungo la strada che conduce alla Lavagnina (e alle miniere d’oro del Gorzente). In questa zona, fra la suddetta cascina e quella della Cirimilla, scorre il Rivo dei Piani, nel quale, come riferisce JERVIS (1874), fu trovata una pepita d’oro, conservata nel Museo della R. Scuola di Applicazione per gli Ingegneri in Torino. Agli stessi cumuli si riferisce anche ROVERETO (1935): “L’oro si ricava pure dai lavaggi delle sabbie del Gorzente, del Piota e dei rivi laterali. Ciò fecero in scala grandiosa quelli che nei tempi antichi (dal ritrovamento di una moneta si dicono romani), lasciarono gli accomoli del materiale ciottoloso più grossolano, che nel basso terrazzo lungo il Gorzente, somigliano a tanti tumoli: è un lavoro grandioso, caratteristico ed impressionante”.
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L’Oro dei Laghi della Lavagnina |
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Nel XIX secolo in questa zona veniva estratto oro, tanto che nel 1852 presso la località Lavagnina, ora sommersa dall’invaso, venne costruito uno stabilimento metallurgico per la preparazione dei lingotti.
In seguito tutte le miniere passarono sotto il controllo della Societè Anonyme des Mines d’or du Gorzente con sede a Lione, in Francia ma, nel 1913, si esaurì anche l’ultima miniera.
La costruzione della diga, che era cominciata con l’esaurimento di alcune miniere, venne terminata nel 1887 per il lago superiore, mentre per il lago inferiore la costruzione cominciò nel 1911 e terminò nel 1917.
Nei periodi di secca è visibile la cascina Lavagnina e lo stabilimento metallurgico, costruito nel 1850.
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